Il rimuginio. Cos’è e quanto limita la nostra vita.
“Ma quanto rimugini!”
“Non rimuginare più!” “
“Prendi una decisione invece di stare lì a rimuginarci!”
Quando nella nostra mente parte il rimuginio siamo bloccati, magari non ce ne accorgiamo perché facciamo le cose di sempre, lavoro, spesa, attività fisica… eppure quando il rimuginio diventa una radio di fondo siamo bloccati perché non ci godiamo il presente. Anzi, nel presente non ci siamo proprio, siamo solo ed esclusivamente nella nostra mente.
Cos’è il rimuginio?
Il rimuginio (worry) è uno stile di pensiero caratterizzato da un flusso interno di pensieri negativi, che si susseguono velocemente, in modo ripetitivo e pervasivo.
Parliamo di rimuginio quando i pensieri sono rivolti al futuro, ci interroghiamo rispetto all’eventualità di cose negative che potrebbero accadere, a decisioni future da prendere e le situazioni future immaginate sono spesso catastrofiche.
Il rimuginio si configura come una forma di pensiero verbale e astratto, più che immaginativo, con assenza di dettagli.
L’emozione che accompagna questo processo è l’ansia ed il rimuginio è considerato una delle sue componenti principali, configurandosi come fattore di mantenimento dell’ansia stessa.
Infatti attraverso il rimuginio ci allontaniamo dal presente per immaginarci scenari futuri negativi e preoccupanti. Scenari ansiogeni, di minaccia e soprattutto scenari che non si stanno concretizzando nel qui ed ora, nel momento in cui viviamo e nel quale stiamo respirando.
Ci tiene dunque intrappolati nella nostra mente facendoci perdere contatto con quello che succede, che ci circonda.
Infatti il nostro quotidiano si compone di molte parti, attività, impegni familiari, lavorativi, domestici, di svago, ricreativi ecc. In base al nostro stile di vita alcune di queste parti saranno più preponderanti ed altre meno. Quando rimuginiamo una parte importante della nostra giornata è accompagnata da preoccupazioni, tante a volte da interferire con le nostre attività quotidiane. Le preoccupazioni e il rimuginio ci portano a vivere una dimensione che non sta realmente accadendo nel presente.
Molto tempo prezioso trascorso dunque, dentro la mente, invece che in contatto con noi stessi.
Capita di essere talmente dentro questo processo da riuscire a vederlo solo quando inizia ad avere un “costo” troppo alto.
Prova un attimo a fermarti e ad osservarti.
Piccolo esercizio pratico: fai un grafico a torta, disegnando un ampio cerchio su un foglio e inizia a dividerlo in spicchi. Quanto spazio della torta è occupato dalle tue attività quotidiane? Quanto spazio invece è occupato dai tuoi pensieri e dalle tue preoccupazioni? Più grande sarà lo spicchio, più importante lo spazio occupato.
A volte non ce ne rendiamo conto, a volte conviviamo con il nostro “brusio” di fondo. Dare una forma grafica al tempo occupato a rimuginare ci aiuta a prenderne più consapevolezza.
Il disturbo per eccellenza caratterizzato dal rimuginio è il disturbo d’ansia generalizzato. Chi soffre di questo disturbo fa una fatica estrema a controllare il suo rimuginio, credendolo a volte anche pericoloso. Quando il rimuginio inizia, all’interno di questo quadro clinico, diventa difficile interromperlo.
Oltre al rimuginio, troviamo altri sintomi che caratterizzano questo disturbo:
– Difficoltà di concentrazione e memoria ( il rimuginio occupa talmente tanto spazio che è difficile concentrarsi su altro)
– Irritabilità
– Stanchezza e affaticamento
– Rigidità, dolori, tensioni muscolari e disturbi somatici
– Disturbi del sonno
Tuttavia questa forma di pensiero possiamo trovarla spesso anche in altri disturbi, oppure anche in assenza di un disturbo.
Ma a cosa ci serve rimuginare?
La funzione del rimuginio ovviamente varia da persona a persona, in base alle caratteristiche di ognuno.
Può essere utilizzato come “strategia” per risolvere i problemi e le preoccupazioni. Spesso ci illudiamo che pensando continuamente ed in modo pervasivo a qualcosa che ci preoccupa, troveremo una soluzione a ciò che ci affligge, imboccheremo la strada giusta o saremo più pronti ad affrontare i problemi quando si presenteranno (metacredenze positive).
“Se continuo a pensarci troverò una soluzione”.
“Qualsiasi cosa accada, quando accadrà sarò più pronto per affrontarla”.
Queste credenze portano con sè degli errori di giudizio importanti. Per quanto ci prepareremo ad affrontare qualcosa infatti, nella realtà non accadrà mai come ce la siamo immaginata. Il contesto, la situazione ed anche noi stessi, le emozioni che proveremo nel futuro, non saranno come ce le siamo raffigurate.
Rimuginando non ci rendiamo però conto che è come girare su se stessi. E’ come se io volessi uscire dalle sabbie mobili ma in realtà mi muovo continuamente. Oltre a non trovare una soluzione chiara e lucida ai miei pensieri, ci annego dentro.
Inoltre l’ansia fisiologica è ridotta rispetto ad altre problematiche ansiose. Quindi attraverso questa forma di pensiero ripetitivo, la persona tiene sotto controllo l’attivazione ansiosa corporea.
Le preoccupazioni sono di due tipi:
1) Possono essere innescate da eventi interni, come i nostri pensieri, o da eventi esterni, come una situazione, o il venire a conoscenza di una notizia, che mi catapulta immediatamente in una dimensione interna nella quale la mia mente si sposta velocemente dentro a delle preoccupazioni.
2) Preoccupazioni focalizzate sui pensieri stessi, ovvero preoccupazioni legate al fatto che stiamo rimuginando ( metacredenze negative).
Ad esempio: “Non ho il controllo del mio pensiero”; “Potrei non riuscire più a smettere di rimuginare”; “Potrei impazzire”.
Questo accade soprattutto quando le strategie che la persona utilizza per frenare il rimuginio non funzionano e la percezione è quella di non avere più il controllo sulla nostra mente, sui nostri pensieri e di non riuscire a fermarli.
Per quale motivo rimuginiamo?
Quando una persona arriva a sviluppare un sintomo come il rimuginio, ci possono essere diversi motivi. Questo accade quando:
1. Non conosciamo altre strategie per gestire l’ansia, il rimuginio sembra l’unica strada per gestire le preoccupazioni e per risolvere i problemi.
2. Non tolleriamo l’ansia. Rimuginare in realtà è uno “scudo emozionale”, infatti chi rimugina spesso crede erroneamente che, mantenendo uno stato di preoccupazione continuo, si spaventerà meno se lo scenario temuto si realizzerà e si sentirà più pronto (Sassaroli, Ruggiero,2002).
3. Intolleranza all’incertezza e necessità di avere il controllo della situazione. “Devo avere la certezza che ciò che temo non accada”. Ma anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una credenza erronea, non è possibile infatti avere la certezza e il controllo su fatti esterni e situazioni.
Il rimuginio: tra rimbalzi e paradossi.
Perché il rimuginio sarebbe un processo paradossale?
Le persone che rimuginano in modo pervasivo e che non riescono a controllare i pensieri, spesso tentando di sopprimerli attivamente. Questo meccanismo si rivela fallimentare, a causa di un processo cognitivo che Weiner chiama Effetto Rimbalzo: più cerco di non pensare a una determinata cosa e più questa sarà la prima alla quale pensiamo.
“Non pensare al cavallo bianco di Napoleone”
Cercando di scacciare, sopprimere un’immagine o pensiero, inevitabilmente dovremo contattare quel pensiero.
Borkovec (1994) inoltre descrive un altro tipo di paradosso rimuginando su ciò che ci affligge, evitiamo di pensarci davvero.
Ma cosa significa questo realmente? Mentre siamo intenti a rimuginare, non elaboriamo e non tocchiamo le emozioni che sono correlate al rimuginio e alla minaccia temuta. Come descritto prima infatti anneghiamo dentro a questi pensieri.
Quale è l’utilità? Se ci trovassimo ad elaborare in modo approfondito quello che sentiamo, le nostre emozioni, avremmo infatti bisogno di maggiore coinvolgimento emotivo e attentivo. Maggiore sarebbe l’attivazione procurata. Quindi paradossalmente rimuginare ci genera sollievo.
Come si cura?
La psicoterapia cognitivo comportamentale è una delle terapie più efficaci per la cura e la riduzione del rimuginio. Attraverso l’automonitoraggio la persona impara ad auto osservarsi e diventa sempre più capace di rilevare e cogliere i suoi stati interni: pensieri ma soprattutto emozioni. Diventare consapevoli.
Le tecniche utilizzate dalla terapia cognitivo comportamentale consentono al soggetto di comprendere la natura del problema, il suo funzionamento, a mettere in discussione le convinzioni disfunzionali che mantengono il rimuginio ed a trovare soluzioni alternative molto più funzionali per la gestione dell’ansia e per la risoluzione dei problemi.
Nello specifico la terapia metacognitiva di Wells risulta essere una degli approcci più validi. Viene effettuato un lavoro sul processo di pensiero, sulle metacredenze che lo sostengono, al fine di consentire al paziente di imparare a ridurre il volume sei suoi pensieri ed acquisire una capacità nella loro gestione e nel funzionamento della sua mente.
E’ fondamentale sottolineare che ogni sintomo esiste per un motivo. La terapia non ha il solo scopo di ridurre il rimuginio, ma anche di aiutare la persona a comprenderne le cause e a sciogliere i nodi della sua sofferenza.
Bibliografia:
Borkovec, T.D. (1994). The nature, functions, and origins of worry. In G. Davey e F. Tallis (Eds.), Worrying: Perspectives on theory, assessment and treatment (pp. 5-33).
La Mela, C. (2017) I protocolli clinici della terapia cognitivo- comportamentale. Mandali e Bruni.
Sassaroli, S., & Ruggiero, G.M. (2003). La psicopatologia cognitiva del rimuginio (worry). Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale
Sassaroli, S., Lorenzini, R., Ruggiero, G.M. (2006). Terapia Cognitiva dell’Ansia. Rimuginio, Controllo ed evitamento. Raffaello Cortina Editore.
Sassaroli, S., Ruggiero, G.M. (2002). I costrutti dell’ansia. Obbligo di controllo, perfezionismo patologico, pensiero catastrofico, autovaolutazione negativa e intolleranza dell’incertezza. Psicoterapia Cogntitiva Comportamentale.
Wells, A. (2012). Terapia Metacognitiva per i Disturbi d’Ansia e la Depressione. Erickson.