Sindrome della Capanna: come uscire dall’isolamento Coronavirus

Uscire dall’isolamento che l’emergenza coronavirus ci ha imposto potrebbe, paradossalmente, risultare difficile per molte persone.

Ognuno di noi, con modalità variabili, si è adattato agli avvenimenti improvvisi avvenuti negli ultimi mesi e che ci hanno portato ad uno stravolgimento totale della nostra quotidianità.

Se a marzo credevamo che sarebbe stato davvero difficile cambiare così drasticamente le nostre abitudini, non vedendo l’ora di tornare a sentirci liberi e ad abbracciare i nostri affetti; la ripresa delle routine fuori casa non è certamente facile per tutti.
Il lockdown determinato dall’emergenza Coronavirus, ha avuto importanti ripercussioni in molti individui, aumentando stati emotivi spiacevoli, tra i quali troviamo un aumento di stati ansiosi, irritabilità, sentimenti depressivi, disturbi del sonno.

Poter oggi uscire, vedere familiari e amici è sicuramente un aspetto di ritrovato calore e umanità che ci era a lungo mancato, ma alcune persone più di altre potrebbero faticare nel riprendere le precedenti routine.

Per quanto l’isolamento sia spiacevole, la nostra natura umana e le nostre capacità di adattamento ci hanno consentito di trovare una nuova stabilità dentro a questa condizione, che non tutti oggi, riescono con facilità a lasciare.

 

La Sindrome della Capanna

In gergo psicologico possiamo parlare di Sindrome della Capanna o del prigioniero per descrivere la difficoltà con la quale, dopo un lungo periodo di isolamento, si continui ad evitare il confronto con l’esterno o lo si affronti con intenso disagio.

Questa sindrome non è identificabile come un disturbo psicologico vero e proprio, ma piuttosto come una condizione specifica determinata da un lungo periodo di isolamento.

Tra i sintomi attribuibili alla sindrome della Capanna troviamo:

  •  paura, angoscia
  •  ansia
  •  sentimenti depressivi
  •  irritabilità, rabbia, frustrazione
  •  sensazioni di stanchezza, letargia e affaticamento
  •  difficoltà di concentrazione e memoria
  •  disorientamento

 

Perché può essere faticoso uscire dall’isolamento?

Il lungo isolamento ha determinato nuovi adattamenti e nuovi ritmi di vita. L’isolamento nel proprio spazio domestico può essere stato molto difficile, soprattutto per alcuni, ma per una vasta fetta di popolazione la “chiusura” nella propria zona di confort ha avuto anche molti benefici.

Spesso in isolamento si è trovato il tempo per rallentare i ritmi di vita e dedicarci a cose piacevoli, vivere di più il proprio nido. Si è ridotto il confronto prestazionale, quello “stare sul pezzo” che la nostra società, così improntata sul “fare” e sul produrre, ci richiede ogni giorno.

L’abitazione ha costituito per molti il luogo sicuro in cui “rintanarsi” di fronte ad un mondo esterno potenzialmente molto pericoloso.
E’ come se avessimo vissuto in una strana bolla per mesi, in uno spazio tempo dilatato, dal quale oggi ci viene richiesto di uscire, con nuove regole.

Il rischio del contagio è inoltre sempre presente e ciò contribuisce ad aumentare la percezione di poca sicurezza e pericolo del mondo esterno.

Le misure anti contagio che è necessario tenere fuori casa possono aumentare, in alcuni individui, l’irritabilità, l’ansia, la percezione di vulnerabilità e limitazione.

Come uscirne?

A piccoli passi.

Se da un lato siamo entrati repentinamente nell’isolamento, possiamo però uscirne facendo un passo alla volta. Tendenzialmente la sindrome della capanna si riduce da sola, ma possiamo aiutarci con piccole strategie.

  •  Procedere gradualmente. Fate in modo che riaprirsi al mondo estero sia una condizione graduale. Una passeggiata nella natura in un luogo con poche persone, uscire un’ora per fare visita ad un amico per poi rientrare. L’obiettivo è quello di aumentare lentamente questa finestra sul mondo esterno.
  •  Organizzate la vostra routine giornaliera dandovi piccoli obiettivi quotidiani dove ci siano tutti gli anelli importanti per voi: famiglia, lavoro, amici, sport, etc.
  •  Lasciate ogni giorno uno spazio per voi stessi, per prendervi cura di voi e fare qualcosa anche di piccolo, ma piacevole.
  •  Accettare le imprevedibilità. Accettare quel margine di rischio che ci accompagna da sempre nella vita. Quel fattore di imprevedibilità che c’era anche prima del coronavirus e continuerà ad esserci anche dopo. Prima non riuscivamo certamente a controllare tutto e a “prevedere” il futuro, non possiamo farlo neanche oggi.

Non possiamo avere il controllo su un virus invisibile, non possiamo avere il controllo su ciò che accade fuori da noi, ma possiamo averlo su noi stessi e fare il possibile attraverso le nostre azioni per ridurre i rischi che la vita comporta.

  •  Diventare consapevoli dei propri vissuti. Siate degli osservatori dei vostri pensieri e delle vostre emozioni, osservate con attenzione cosa accade internamente. Quali sono i pensieri che vi affliggono, quanto sono persistenti, quali emozioni sono più frequenti.


Cosa fare se questo disagio diventa persistente e non si riduce?

In questo caso diventa necessario chiedere aiuto a un professionista. L’aiuto psicologico-psicoterapeutico diventa fondamentale quando stiamo affrontando un momento di difficoltà come questo.

Diventare consapevoli dei nostri vissuti interni, dei pensieri che facciamo, delle nostre emozioni, della loro durata e frequenza, ci aiuta proprio a sentire il nostro disagio e a capire quando è utile rivolgersi ad un professionista, esattamente come faremmo per un mal di schiena che non se ne va con un antidolorifico

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